Patto di famiglia con imposta sulle donazioni

Il patto di famiglia, regolato dagli artt. 768 bis-octies c.c., è stato introdotto con legge n. 55 del 2006 con il dichiarato scopo di consentire all’imprenditore, finché ancora in vita, di trasferire la titolarità ovvero quote di partecipazione al capitale di società ad uno o più discendenti, evitando il pregiudizio dell’apertura di una successione mortis causa ma contemperando questa esigenza con quella di salvaguardare i diritti degli altri legittimari.

Ed infatti, nel quadro di una operazione unitaria, il legittimario assegnatario dovrà “compensare” le ragioni degli altri legittimari non assegnatari, i quali, partecipando al patto, perdono il diritto di pretendere la collazione delle donazioni effettuate dal defunto e di agire in riduzione.

La Corte di Cassazione si è, con ordinanza n. 32823 del 19 dicembre 2018, interrogata sull’attribuzione che il figlio assegnatario effettuava a favore dei suoi fratelli, giungendo ad alla conclusione che dovesse essere considerata alla stregua di una donazione con conseguente ed inevitabile applicazione dell’imposta ai sensi del d.lgs. 346/1990.

Nel caso esaminato dalla Corte una madre aveva attribuito al figlio l’azienda e costui aveva compensato la sorella versandole una somma di denaro. Somma di denaro che, dunque, viene considerata una donazione tra fratelli ed è quindi soggetta ad una aliquota del 6% per il valore dell’attribuzione che eccede la franchigia di 100mila euro.